CHI SONO

Sono malato di moto.

Mi piacciono tutte ma preferisco quelle che hanno sacrificato qualche orpello originale o la conformità alle norme del codice della strada sull'altare dell'edonismo per l'esaltazione dell'ego del loro possessore. Moto mutilate? Non proprio.
Preferisco immaginarle, che Dio mi perdoni l'eresia, come le sculture che Michelangelo immaginava intrappolate nei blocchi di marmo. Moto liberate da quanto imposto dai diktat degli studi di marketing, dal politically correct, dalle normative ambientali, dalle regole imposte dai burocrati. Moto scostumate, irriverenti, esibizioniste, visionarie ma vere vive e pulsanti.
E senza fare distinzioni tra custom, bobber, streetfighter, racer replica ecc. ho voluto creare uno spazio virtuale in cui incontrarsi, confrontarsi, scambiarsi opinioni e sul quale proporre le proprie creazioni. Quache paludato bacchettone resterà inorridito ma ritengo che ogni prodotto dell'ingegno umano sia Cultura. Inviatemi le foto delle vostre creature e un commento sull'iter mentale e operativo che ha condotto all'evento.
Da me l'ingresso è libero.

Qualcosa su cafè sport



lunedì 28 gennaio 2013

Ritratti in bianco e nero: Franco Mancini


Del pilota ciociaro Franco Mnancini  trascrivo quello che hanno detto di lui William Alonzi, direttore sportivo dell'omonimo Motoclub e Roberto Patrignani.


William Alonzi: Il 3 Marzo del 1930, in casa del Dottor Pietro Mancini venne alla luce un bambino  a cui fu dato il nome di Franco.
Era il loro Astro, nome che avrà una grande importanza nella vita futura di Franco Mancini.
Nel primo dopoguerra le aziende motociclistiche si erano rese conto che gli italiani avevano il bisogno di muoversi velocemente, i soldi erano pochi e bisogna va creare un prodotto economico.
Ecco allora il fiorire di motocicli come la Lambretta, la Vespa, lo scooter Agusta 125, il Ducati Cucciolo.
Franco Mancini, come tanti suoi coetanei scopre le due ruote e ben presto la sua curiosità lascia il posto al suo coraggio e al suo ardore che lo porteranno a diventare un pilota.
Papà Pietro non vedeva di buon occhio l’iniziativa del figliolo proibendogli di prendere parte alle competizioni ma Franco era ormai stregato dal motociclismo agonistico e decise di contravvenire al volere paterno.
Si iscrisse alle prime gare con lo pseudonimo di “Astro” in modo da poter tenere segreta al padre la sua partecipazione.
Questo escamotage ebbe tuttavia vita breve perché il suo talento innato lo portò subito a mettersi in evidenza con la vittoria in svariate competizioni.
I promettenti risultati fecero cadere anche le ultime resistenze del Dottor Pietro che comunque non concesse mai al figlio la propria piena approvazione.
Franco che amava molto curare personalmente la messa a punto delle sue moto trascorreva intere giornate a Tavernanuova di Isola del Liri Superiore dove si trovava l’officina del suo meccanico, da tutti conosciuto come “Croccantino”.
Passava facilmente da una moto di media cilindrata all’altra portando in gara Mondial, gilera, MV Agusta, Parilla, Ducati e Rumi.



In molte occasioni riuscì a lasciarsi dietro moto di grossa cilindrata come nella Ariccia-Madonna del Tufo del 1961 dove, in sella alla sua Prilla 250 con 3’29”01 risultò primo assoluto stabilendo nello stesso tempo il nuovo record del tracciato. 


In quegli anni strinse amicizia con Cleto Catallo, figura che assumerà una importanza rilevante nella sua carriera.
Catallo lo seguiva in ogni gara passando senza alcun problema dal ruolo di meccanico a quello di Direttore sportivo.
Dal 1960 al 1963, Mancini colse quarantadue vittorie e vinse il campionato di classe per tre stagioni consecutive.
Fu spesso utilizzato a sua insaputa come collaudatore di alcune case motociclistiche che gli fornivano moto con caratteristiche non ancora note.
Le moto gli venivano spedite per ferrovia uno o due giorni prima della gara direttamente sul luogo della competizione e quindi senza alcuna possibilità di conoscere le caratteristiche tecniche.
In caso di guasto bisognava attendere il benestare della casa prima di poter aprire il motore.
I successi di Mancini non passarono inosservati da Ferruccio Gilera che lo convocò a Monza per una serie di test sulla Gilera 4C insieme al barone del motociclismo inglese Geoffrey Duke e a Gilberto Milani.


Alcuni giorni dopo, il 24 Novembre del 1963, Mancini si recò a Vallelunga con la “Matta”, la sua Parilla 250, per un allenamento.
La Parilla scivolò su una macchia d’olio e Mancini si schiantò contro un guard rail.
I meccanici accorsero tempestivamente ma ogni tentativo di strapparlo alla morte fu vano.
Qualche giorni dopo la sua morte pervenne la lettera della Gilera che gli comunicava la sua assunzione come pilota ufficiale della 500 4C.



Roberto Patrignani: …San Cesareo/Montecompatri, fu questa l’ultima vittoria della Gilera 175 Bicilindrica e purtroppo anche di Franco.
In seguito ai successi con la 175 e le pressioni che Nardi fece presso la Gilera, Mancini ebbe il privilegio di provare la 4 cilindri a Monza e visti i buoni tempi che aveva fatto segnare si pèarlava di un suo inserimento nella squadra ufficiale per le grosse cilindrate.
In vista di questa possibilità, Franco si allenava costantemente con la Norton di chi vi scrive.
Il destino volle diversamente perché solo dopo una diecina di giorni dalla prova positiva con la 4C, Franco morì con una motoleggera a Vallelunga, dove, sempre per allenarsi voleva stabilire il record di un’ora della pista romana.